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La "Chiesa nuova"

Nel 1862 la Chiesa, dipendeva dal Duomo di Acireale e venne elevata, dal Vicario Capitolare don Gaetano Asmundo, a “Sacramentale Coadiutrice” e venne affidata al cappellano don Giovanni Pennisi Platania; poiché il sisma del 1864 e precedentemente del 1818 aveva reso inservibile al culto la Chiesa, che già nel 1847 necessitava di riparazioni, nel 1865 si pensò di ricostruire in altro luogo, una “nuova Chiesa”, grazie alla munificenza del Can. Giovanni Pennisi Platania che ne concesse il terreno. Così il primo vescovo di Acireale, Mons. Gerlando Maria Genuardi, annunciava in Vaticano la costruzione e la consacrazione della nuova Chiesa di Santa Maria degli Ammalati, il 5 agosto 1877.

Dal 1865 la costruzione della Chiesa nuova diventava l’espressione di un evento memoriale che legava, vecchio e nuovo e che si manifestava in maniera semplice ma significativa.

La nuova Chiesa sorge anche grazie ad un contributo del Decurionato di Acireale ed è ampia e maestosa, in una posizione felice e prominente da potersi scorgere a grande distanza: per il Calì e il Raciti Romeo, essa è  “simile per grandezza e disegno architettonico a quella dei Filippini di Acireale, ma più svelta e con maggiore precisione artistica”.

La chiesa si presenta ad un’unica navata centrale intervallata, lateralmente, da colonne sormontate da capitelli corinzi. L’abside circolare è posto alla fine della navata; il coro è separato dalla navata da alcuni gradini che ne elevano il livello. La facciata è lavorata in pietra bianca e suddivisa in due ordini separati da fregi sormontati da un balconcino con colonnine, al quale si può accedere dall’interno. Oltre all’ingresso centrale, anch’esso sormontato da fregi e da un timpano, sono presenti due ingressi laterali inseriti all’interno di una scansione in facciata da alcune paraste. 

Il livello superiore presenta cinque vetrate in stile gotico circoscritte da paraste sormontate da capitelli ionici. Infine, è dotata di una trabeazione con finitura a timpano. Il Sagrato della chiesa è costituito da una lunga scalinata composta da ciottoli che sono stati trasportati dai fedeli  dalla “marina di S. Tecla”, nel cui porticciolo fanno sbarcare la pietra bianca che trasferiscono in paese con immane fatica. Gli stessi fedeli si fecero carico di raccogliere l’erba secca nelle campagne per poter fabbricare i mattoni utili alla costruzione della chiesa, andarono in cerca di sabbia, trasportandola da grandi distanze ed inoltre raccolsero delle uova, in paese, per utilizzarne i tuorli, con i quali furono dipinte le colonne della navata centrale della chiesa, ottenendone un effetto marmoreo.

Il campanile stile gotico-normanno fu disegnato dall’architetto acese Mariano Panebianco e in esso, nel 1886 sono state poste due campane della fonderia Baricozzi di Milano. La prima campana, la più grande, ricorda la posa della prima pietra, porta incisa la scritta “in agone laborantes protege nos” e si suonava con speciale devozione durante l’agonia dei fedeli, suono maestoso, ogni mattina con i suoi nove tocchi è la sveglia dei lavoratori. La seconda, la media, ha la scritta “Sancta dei Genetrix ad tuam misericordiam confugimus”, è dedicata a «Maria Salus Infirmorum», titolare della chiesa e della parrocchia. La terza campana, piccola (rifusa nella Pasqua del 1984), è del 1890 e venne acquistata con una colletta popolare fatta da due soldati, reduci dalla Eritrea e appartenenti alla Brigata del gen. Antonio Baldiserra;  è chiamata la campana di S. Giuseppe.

Due sono le campane dell’orologio: una del 1856, ma rifusa nel 1984, porta la scritta “Virgini Matri Infirmorum saluti fidelium pietate” ed è la campana della chiesa vecchia; l’altra è del 1905, rifusa a cura del Sac. Rosario Caltabiano, cappellano della chiesa e fusa dalla ditta Francesco Di Mauro di Catania.

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La decorazione della volta è stata eseguita, intorno al 1870 da Giuseppe Spina Capritti (1818 - 1911) e dallo stesso furono affrescati i pennacchi della cupola, raffiguranti le Quattro Virtù Cardinali: Prudenza, Giustizia, Fortezza, Temperanza, insieme agli affreschi lungo le pareti laterali della navata centrale, che raffigurano alcune scene tratte dal Vecchio Testamento, per la decorazione dei quali, lo Spina Capritti,  trasse ispirazione dalle xilografie della Sacra Bibbia, eseguite da una squadra composta da quaranta incisori che lavoravano per l’illustratore francese Gustave Dorè. Le scene sono distribuite in otto pannelli: Abele e Caino nell’offerta sacrificale; l’uccisione di Abele; la benedizione di Giacobbe da parte di Isacco; la lotta tra Giacobbe e l’angelo; Tobia, il pesce e l’angelo; l’angelo Rafaele si rivela a Tobia e Sara sale in cielo; Mosè e le Tavole della Legge; Elia nel deserto e l’angelo.

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La Sacra Bibbia, illustrata da Gustave Dorè,  venne pubblicata, nel 1866, in due tomi in-folio, con 228 illustrazioni, per la casa editrice Mame; il disegnatore Henri Giacomelli ne eseguì i fregi di intercolonna in ciascuna pagina ed a fine di ogni libro.  Nello stesso anno, l’opera, oltre che in Francia, venne pubblicata anche in Italia. Ecco, quindi, che dall’arrivo nel nostro paese, il testo, si diffuse fino ad arrivare nella piccola frazione di S. Maria degli Ammalati, dove come già detto, il locale pittore Giuseppe Spina Capritti (1818 - 1911), affrescò le pareti della navata della Chiesa dedicata a Maria Santissima Salute degli infermi, copiando alcune immagini dal celebre testo evangelico.

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Il fervore religioso intorno alla costruzione della nuova Chiesa si manifesta anche attraverso una nuova statua della Madonna, che è portata in processione sul fercolo. Secondo il parere di mons. Giovanni Lanzafame, già prevosto parroco della Chiesa Collegiata di Catania, la vecchia statua, del tardo settecento, dai caratteristici capelli biondi, apparterrebbe all'importante scuola di Lorenzo Grasso e si trova attualmente nella Chieasa di San Rocco in Belpasso, ivi pervenuta attraverso una famiglia del luogo legata forse alla comunità di Santa Maria degli Ammalati.

La vecchia statuaLa nuova statua

Nel 1914 un violento terremoto danneggia gravemente la chiesa di S. Maria degli Ammalati e per decisione del Genio Civile di Catania venne demolito il campanile gotico-normanno del Panebianco e la volta della navata; quest’ultima venne rifatta con impalcatura a graticci e stucchi, con copertura a botte e nel 1920 venne dipinta da Sebastiano Conti  Consoli di Linera per un importo di £. 4.500. In essa è raffigurata l’Assunzione della Madonna, mentre nel catino absidale, il Conti Consoli, ha dipinto una seconda scena che raffigura la Gloria dell’Agnello.

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Nel 1931, grazie al contributo della Santa Sede, venne costruita la canonica;  negli stessi anni gli arredi della chiesa si arricchiscono dell’organo e del pulpito, opera insigne dello scultore Pistorio, commissionato da don Michele Vasta, terzo parroco della Chiesa e successivamente fatto decorare da don Mariano Vasta, quarto pastore della Parrocchia negli anni quaranta.

Il campanile in seguito venne rifatto con uno stile architettonico semplice, a capanna, e con lavori che durano a lungo, fino a quando il terremoto del 19 marzo del 1952, di cui ancora alcuni serbano vivo ricordo, costrinse  a dare un assetto definitivo forse poco confacente alla facciata.

Intanto il paese si dilata e trova più adeguata configurazione urbanistica parallelamente all’espansione di Acireale. Ulteriori eventi negativi e l’ennesimo terremoto dello scorso 2002, danneggiano nuovamente la volta della chiesa e  il campanile costringendo ad un nuovo restauro.

La Sovrintendenza ai Beni Culturali ha deciso di eliminare definitivamente la costruzione in cemento armato posta in sostituzione del vecchio campanile, adducendo ad essa la causa dei continui danni alla struttura portante della chiesa, dato l’eccessivo peso e di porre a mo’ di campanile, una struttura in ferro, a sostegno delle campane, più leggera e funzionale.